(di Rosaria Fiore e Laura Santi)
La traduzione di una guida turistica è un viaggio metaforico che prelude al viaggio reale del lettore. Le guide turistiche sono intrinsecamente legate al concetto di viaggio, da cui tutti, chi più chi meno, ci sentiamo attratti, forse perché contagiati da quella restlessness che fu la cifra stilistica ed esistenziale di scrittori come Bruce Chatwin. Spesso si dice che tradurre equivale a traghettare il lettore non solo da una lingua all’altra, ma soprattutto da una cultura all’altra: questo concetto non potrebbe essere più azzeccato nel caso delle guide turistiche in generale e delle guide Lonely Planet in particolare. Le guide Lonely Planet nacquero nel 1972, anno in cui Tony e Maureen Wheeler, i fondatori della famosa casa editrice, decisero di realizzare un sogno: trascorrere un intero anno viaggiando. Il progetto iniziale era quello di raggiungere l’Australia partendo dall’Inghilterra e attraversando l’Asia lungo la cosiddetta “rotta hippy”. Al termine del viaggio, rimasti praticamente senza un soldo, iniziarono a lavorare in Australia. In breve tempo si fecero degli amici e questi ultimi li tempestarono di domande sulla loro esperienza, che all’epoca era tutt’altro che consueta, tanto che non esisteva neppure una guida pensata per chi decidesse di girare il mondo in modo autonomo, con un budget limitato e senza appoggiarsi ad agenzie. A poco a poco la coppia cominciò a maturare l’idea di trasformare ricordi e appunti di viaggio in un vero e proprio libro. Poiché nessun editore si era dimostrato interessato a questo progetto, i coniugi Wheeler pubblicarono la leggendaria guida Across Asia on the Cheap a proprie spese. Così nacque l’universo Lonely Planet. Ma che cos’è esattamente una guida turistica? Dal punto di vista funzionale può essere considerata come uno strumento indispensabile per il viaggiatore che desideri muoversi in maniera indipendente. Dal punto di vista dello stile e dei contenuti, invece, è un prodotto ibrido, costituito da testi di natura diversa, nei quali sono riconoscibili vari registri linguistici. I testi di carattere “pratico” offrono ai turisti informazioni su alloggi, ristoranti, locali notturni, trasporti e così via, riportandole in modo quanto più possibile sintetico al fine di consentirne una rapida fruizione. Talvolta, però, il tono delle recensioni può diventare enfatico: non di rado, infatti, le guide celano un’intenzione persuasiva. In questo caso, ricreare il moodfrizzante, ironico e scanzonato tipico degli autori Lonely Planet è un compito tanto fondamentale quanto arduo. Ai testi informativi si affiancano quelli di taglio più descrittivo, che illustrano, per esempio, la storia e la cultura di un paese, e come è facile immaginare presentano uno stile espositivo meno schematico e più coinvolgente, ma al tempo stesso più obiettivo e meno infarcito di battute. Quando si tratta di tradurre una guida è opportuno adottare di volta in volta strategie differenti, da un lato acquisendo la terminologia specifica dei testi turistici (come nelle descrizioni delle strutture di pernottamento e di ristorazione) e dall’altro appropriandosi di linguaggi propri di determinati settori (arte, architettura, gastronomia). Tenendo conto della finalità pratica delle guide, poi, è necessario un complesso lavoro di localizzazione che tende ad avvicinare il testo alla cultura di arrivo, spesso tramite l’eliminazione o la modifica di eventuali elementi stranianti o “politicamente scorretti”. Un esempio che noi traduttori Lonely Planet amiamo citare è quello della pizza: com’è evidente, il lettore italiano faticherebbe a digerire (in senso proprio e figurato!) una “delicious pizza with pineapple”. Ancora più complessa può risultare la traduzione delle guide dedicate all’Italia e alle sue regioni, che negli ultimi anni, per quanto la cosa possa stupire, hanno conquistato una fetta di mercato sempre più consistente. In queste guide trionfa un’immagine stereotipata e a tratti imbarazzante dell’italiano medio, che traduttori (e redattori) devono faticosamente tentare di ridimensionare, sebbene contenga spesso un fondo di verità. Di recente, in una guida dedicata a Napoli, abbiamo incontrato questa perla: “It’s still the norm to live at home until you marry and one-third of husbands still visit their mothers every day. While many of these will have a bowl of their favourite pasta waiting for them, some will also have their laundry freshly washed and ironed”. Particolarmente spinoso, poi, è il tema della religione, nei confronti della quale gli autori Lonely Planet hanno per lo più un atteggiamento dissacrante, a volte persino spietato, mentre i traduttori devono cercare di attenersi al famoso detto “scherza coi fanti ma lascia stare i santi”. Ecco un estratto di una guida della Puglia risalente a un paio di anni fa: “Once a tiny, isolated medieval village in the heart of the Gargano, San Giovanni Rotondo underwent a miraculous transformation after the arrival of Padre Pio […]. There’s only one reason to visit – to marvel at the grand-scale exploitation and blatant commercialisation religious ‘devotees’ can wring out of one man’s self-sacrificing life”. Questo complesso lavoro sui testi, per nostra fortuna, viene affrontato in gruppo: un’altra caratteristica delle guide Lonely Planet, infatti, è la traduzione a più mani. Ogni guida viene divisa in blocchi e affidata a vari traduttori (più o meno numerosi a seconda della lunghezza), che si confrontano via e-mail nel tentativo di rendere il più uniforme possibile l’edizione italiana. Questo scambio costante, oltre a favorire la qualità del “prodotto finale”, consente ai traduttori, fra una risata e l’altra, di uscire dall’isolamento che in genere li caratterizza. La traduzione di una guida turistica, insomma, è un lavoro di squadra e un’operazione di adattamento culturale oltre che linguistico, un “viaggio” metaforico che prelude al viaggio reale dei lettori e, ci auguriamo, concorre alla sua riuscita.
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Giugno 2019
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